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Il Vinitaly visto da dietro il bancone

L’edizione 2006 non la ricorderò solo per le “veline” (leggi post precedente), ma soprattutto per aver vissuto l’esperienza dall’altra parte del bancone, ovvero aiutando Antonio Bonotto, non solo un ottimo produttore di Raboso, ma anche una persona con un’umanità ed onestà invidiabile.
Da semplice visitatore del Vinitaly, come lo sono stato nell’edizione passata, si passeggia velocemente tra gli stand, cercando quei produttori che ci siamo segnati o consigliati da amici ed esperti, non accorgendoci che ogni stand contiene storie di vini e uomini. Ogni tanto vediamo qualche produttore che sbadiglia per la stanchezza, altri che sorridono sinceramente, altri no. Chi ha preparato lo stand più come forma egocentrica di se stesso che per presentare i vini che produce. E comunque da visitatori non ci soffermiamo sulle persone, ma solo sui vini.

Dietro il bancone invece ti soffermi sulle persone: quelle che passano velocemente davanti al tuo stand senza neanche guardarlo. Quelle che lo guardano, ma non si capisce per quale motivo, visto che poi riprendono la loro corsa (forse si stanno solo orientando). Quelli che sono interessati, ma sono titubanti perchè non sanno a chi rivolgersi o perchè non sono sicuri che quel produttore sia quello che cercano.
E la prima domanda che sorge spontanea quando qualcuno ti si avvicina è: CHI SEI? Non tanto per capire se si tratta di un operatore, un cliente o un semplice appassionato, ma semplicemente per capire come impostare la relazione. Amichevole e rilassata se già cliente o un appassionato, formale ed efficiente (meglio sarebbe efficace) se nuovo cliente.
Per un’azienda medio-piccola che ha fatto investimenti importanti, il Vinitaly è importante anche per siglare nuovi ordini, per avere qualche boccata d’ossigeno.

Ed il vino? Rimane sullo sfondo, ma sempre come protagonista. Una volta che il nuovo cliente è arrivato allo stand ormai tu puoi fare poco, ora tocca al vino. E per me è stato un vero piacere vedere come Antonio parli del suo vino, perchè si coglie non la volontà di convincere l’interlocutore, ma la volontà di fargli comprendere che quel vino è figlio del lavoro e della terra da cui proviene. Che loro sono solo degli intermediari tra la natura ed il cliente. Una manciata di secondi ed il cliente decide con la frase fatidica: Prezzo? E qualche decine se non centinaia di bottiglie prendono la strada che le porterà ad essere stappate nel giro di pochi giorni, mesi o anni.

Altro discorso sono poi le pubbliche relazioni, che volenti o nolenti si è costretti a fare. Anche perchè quando si è piccoli e non si dispone dell’Ufficio Stampa, bisogna rimboccarsi le maniche e darsi da fare, perchè vedere che vini che non sono lontanamente paragonabili ai tuoi sono sempre davanti agli occhi di tutti non è molto piacevole. E quindi si fa come Vittoria, moglie di Antonio, che con impegno e bravura riesce a dar voce ai propri prodotti, anche quando qualcuno vorrebbe privilegiare i vini di qualche grosso produttore amico…

In pratica una bella fatica, e pensare che mi sono fatto solo due dei cinque giorni previsti… Grazie ancora Antonio.

3 commenti

  • Giampiero alias Aristide

    Max, ottimo il nuovo nome, complimenti.
    Venendo al tuo post, direi che il problema di chi espone al Vinitaly parte proprio dal bancone. E’ una barriera. Solo alcune facce toste come il sottoscritto si avvicinano senza titubanza. E poi, le stesse persone dello stand sono bloccate all’interno del bancone. Mi spiego: in molti altri tipi di fiere che frequento per motivi professionali (extra-vino) non si usano affatto barriere tra l’interno e l’esterno dello stand. Questo non perchè il visitatore percepisca veramente la barriere, ma perchè si lascia maggiore libertà all’espositore di muoversi dentro-fuori ed agire come una sorta di magnete che richiama all’interno chi passa per i corridoi. Non si tratta certo di essere imbonitori in fiera, ma frapporre un ostacolo tra te e chi passa all’esterno è un errore. Il bancone si può poi sostituire con dei tavolini e qualche seduta, configurazione peraltro più adatta alla degustazione che lo stare in piedi in mezzo alla calca esterna. Ti saluto ed auguri per il tuo blog.

  • Max-QM

    Ciao Giampiero,
    in effetti lo stand di Antonio era proprio fatto così, con i tavolini e nessun bancone. Ma secondo me una sorta di “bancone psicologico” c’è sempre, sia in chi è visitatore che produttore.
    Certo è che alcuni stand sembravano Fort Knox… 🙂
    E grazie per gli auguri.

  • Luciano

    Io ho vissuto per il secondo anno consecutivo l’esperienza di espositore al Vinitaly, la mia azienda nuova e per ciò cercava contatti che per altro se non hai lavorato bene facendoti conoscere in giro difficilmente capitano per caso e ho notato che gli stand si possono dividere in due categorie quelli che invitano ad entrare e quelli che invitano a restare fuori(ce ne erano molti così al padiglione 7).
    Aziende come la mia sono felici di far assaggiare il vino indipendetemente da chi sia l’interlocutore perchè l’importante è farsi conoscere mentre grandi aziende oramai affermate non hanno interesse a parlare anche con il semplice appassionato e forse nemmeno con un potenziale cliente perchè hanno già i loro canali di vendita.
    E allora quello che passa davanti allo stand è titubante perchè vuole capire se ti farà piacere o dispetto chiedendo di assaggiare il vino.
    Io concludo dicendo che il mondo del vino va avanti grazie a chi lo beve e non a chi lo commercializza perciò anche loro meritano attenzione forse più degli altri.

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